10 argomenti per fare bella figura con i designer
10 argomenti di cui parlare per fare bella figura con i designer. Che la conversazione avvenga sui social, in chat, dal vivo, in gruppo o de visu, conoscere dei macro argomenti legati al mondo e alle professioni del design può essere utile. Non solo quando di mezzo ci sono gli affari, ma anche quando può esserci un interesse conoscitivo o romantico. Il design può parlare un linguaggio molto tecnico, pieno di inglesismi, ma non preoccuparti, con questi argomenti riuscirai ad addentrarti in una conversazione.
Prima di suggerirti cosa dire durante una conversazione con un designer, partiamo dal principio:
cosa fa un designer?
Stando alla definizione della Treccani, un designer/una designer è chi per professione si occupa di design, soprattutto nel settore dell’arredamento. In realtà, il design è talmente vasto che questa definizione riesce a cogliere un solo punto di vista. Che poi è anche il mio, essendo io una designer di interni e di prodotto. Esistono però svariati tipi di designer, legati al mondo della grafica, del fashion, del web, del suono e così via. Io mi concentrerò maggiormente sulla prospettiva dell’interior e product designer.
Design thinking
È una filosofia del fare, un approccio concreto prima ancora che teorico, che poggia le sue fondamenta sulla capacità analitiche e le attitudini creative per risolvere problemi complessi. Di design thinking ormai si parla in più aree, non solo in quelle legate al mondo del design, ma anche nel campo della consulenza direzionale, della trasformazione digitale e della progettazione di software e interfacce. Il design thinking permette di scrutare il mondo del cliente, definendo al meglio il contesto d’uso di un prodotto o di un servizio e sperimentando tutte le fasi del customer journey. Tutti questi processi conducono necessariamente a una sperimentazione sul campo, soprattutto dei prodotti. Ed ecco che la realizzazione di prototipi diventa un passaggio inevitabile.
Prototipazione
È il processo di creazione di un primo prototipo di un prodotto, che serve a valutare la messa a punto dei dettagli e le eventuali criticità da cambiare o migliorare. Consideriamolo la versione 1.0 di un qualsiasi prodotto, spesso realizzato in scala, in misure ridotte o con materiali che simulano nelle fattezze quelli finali. La prototipazione è importante perché è una sorta di primo esame a cui sottoporre un prodotto e costituisce una fase costosa e durante la quale i margini di errore devono essere tenuti assolutamente bassi.
Rigenerazione urbana
Si dice che ci sarà sempre più bisogno di designer in futuro. Questo perché il ruolo del design è strettamente legato ai bisogni della società. Una società che ovviamente si muove e agisce all’interno di uno spazio che è anche comune. Tutte le azioni di recupero e riqualificazione di uno spazio urbano rientrano nel concetto di rigenerazione urbana. La urban regeneration si occupa di qualità e sicurezza non solo da un punto di vista ambientale, ma anche sociale, dedicando attenzione e risorse alle periferie abbandonate o degradate. Questo tema è fortemente interconnesso alla sostenibilità, che affronteremo nel punto successivo.
Sostenibilità
Si tratta del tema più cruciale e ricorrente degli ultimi anni, che si sviluppa nella sua accezione ambientale, sociale, economica ed etica. La sostenibilità è un atto d’amore verso il futuro e le generazioni che ci succederanno. Meno sprechi/zero sprechi, maggiore efficienza e ottimizzazione dei consumi delle risorse esauribili e di quelle naturali. Obiettivo della sostenibilità – in senso lato – è migliorare lo standard di vita delle persone nel mondo, senza aumentare l’uso delle risorse oltre i livelli sostenibili dal pianeta.
Ergonomia
Si occupa dell’integrazione tra lavoro umano, macchina e ambiente ed è volta ad aumentarne l’efficienza. L’ergonomia può essere fisica, cognitiva e organizzativa. Il fine ultimo è progettare oggetti o esperienze che siano in grado di favorire chi ne usufruisce, evitandone il logoramento fisico, l’affaticamento mentale e potenziandone il suo rendimento. I prodotti ergonomici, ad esempio, sono quelli che hanno un alto grado di usabilità. Un web designer, per citare un esempio, difficilmente prescinde da un mouse ergonomico.
Design week
Non serve neanche specificare dove, perché – lo sanno tutti – la Design Week è a Milano. Generalmente collocata nel mese di aprile – tranne gli anni del covid, in cui è stata a settembre e giugno (un’edizione folle con 38° all’ombra) – è la settimana in cui tutto l’universo del design si dà appuntamento a Milano, considerata la capitale mondiale del settore. Ha due grandi ambientazioni. La prima è a Rho, la cara vecchia fiera, in cui le aziende espongono prodotti a catalogo e novità all’interno dei padiglioni. La seconda è un’ambientazione diffusa, letteralmente, in tutta Milano. I quartieri del design – Tortona, Brera, Isola, Lambrate – ospitano in ogni location disponibile aziende, start up e sperimentatori di ogni tipo.
Chi ha uno showroom a Milano si adopera per creare eventi, diurni ma soprattutto notturni. È un dilagare di prosecco e aperitivi che si sommano alla musica e a un vortice di novità (e/o già visto) che investe Milano – certi momenti la paralizza proprio – e la rende frizzante, viva, accentratrice di attenzioni. Da tutto il mondo arrivano aziende e professionisti, curiosi e design lovers, perché è un gran Carnevale, in cui prendere ispirazione è inevitabile. La Design Week è adatta anche agli haters del design, c’è prosecco per tutti.
Compasso d’Oro
È un po’ l’Oscar del design, diciamolo. È un premio tra i più prestigiosi al mondo che comprende anche le menzioni d’onore e quelle alla carriera, la Targa giovani e il premio internazionale. Istituito nel 1954 da Gio Ponti, è il più antico ma soprattutto il più autorevole premio mondiale di design. Per vincere l’ambito premio è necessario iscriversi e aver superato le selezioni dell’ADI Design Index. A decidere i vincitori è l’Osservatorio permanente del Design di cui fanno parte critici, storici, designer e giornalisti e a vincere possono essere sia prodotti che progetti e servizi. La Tratto Pen – per citarne uno – è un prodotto vincitore del Compasso d’Oro, anno 1979.
Moodboard
Qualcuno la chiama ancora “tavola di stile”, ma è più figo dire moodboard, tocca ammetterlo. Sono un insieme di immagini o grafiche o foto che vanno a comporre un immaginario creativo. In pratica, un concentrato di ispirazioni che sintetizza il concept che si vuole comunicare. Se da giovani ritagliavate le figure dei giornali e le incollavate sulle pagine del vostro diario, sappiate che stavate componendo – pur senza saperlo – una sorta di moodboard. Spesso quando un designer di interni si trova a dover tradurre le richieste estetiche del cliente in un ambiente che deve progettare, fa qualcosa di molto simile. Crea un collage di prodotti, colori, elementi vari che suggeriscono l’effetto finale senza realmente mostrarlo.
Metaverso
Certo che i designer sono strani, non fanno in tempo a definire gli arredi di una villa che già giganteggiano con i loro pensieri su come progettare a misura d’uomo il metaverso. In parole povere, questo metaverso è un mondo digitale costruito sull’immagine di quello reale, all’interno del quale possiamo accedere attraverso una versione virtuale di noi (un avatar o qualcosa di simile). Con l’ausilio di visori speciali e altre tecnologie da indossare, l’esperienza nel metaverso si fa sempre più immersiva e, per certi versi, aderente alla realtà.
Aggirandoci nel metaverso potremo comprare beni intangibili (che ne so, un nuovo completo per vestire il nostro avatar) ma anche beni tangibili che possiamo farci recapitare a casa nostra (quella vero, intendo). I soggetti più visionari del mercato immobiliare hanno già iniziato a investire in questo mondo, acquistando “terreni virtuali” come forma di investimento. Dove ora ci sono i terreni, domani magari sorgerà una casa, una villa, un condominio, un hotel, chissà. I designer si stanno già sfregando le mani.
Housing sociale
Altrimenti detta edilizia sociale, ha l’obiettivo di migliorare le condizioni abitative di chi, per ragioni economiche o per assenza di immobili adeguati, non riesce ad accedere a un contesto residenziale di qualità. L’housing sociale differisce dal concetto di “casa popolare” perché riguarda più una nuova forma di abitare, adatta a chi, pur non vivendo in condizioni di povertà, non riesce comunque a potersi permettere una propria abitazione. Quello a cui dà vita è una sorta di sostenibilità sociale abitativa, avvalorata anche dalla messa a disposizione di immobili ad alta efficienza energetica. È un po’ una versione moderna e più sostenibile di quello che una volta erano i quartieri operai, ora con maggiori servizi, aree verdi, centri di aggregazione e di promozione culturale.